Storie d’aula

Spesso nei minuti che precedono l’inizio di un corso, quando ancora non ci si conosce, mi sorprendo a guardare le persone mentre preparo l’aula. Timidi saluti, sguardi indagatori, piccole tarantelle e battute sul dove sedersi… meglio se lontano dal formatore e vicino alla porta.

Osservo i volti, le posture, i posti scelti, e spesso le comunicazioni non verbali esprimono una certa tensione. Quando possibile, per rompere il ghiaccio, mi capita di scambiare qualche parola, a volte anche qualche battuta collusiva e subito li vedo rilassarsi. Compare qualche sorriso impacciato, quasi si sentissero rassicurati rispetto a chi hanno di fronte e alla situazione in cui si trovano. Poi tutto ha inizio.

QUALI ATTESE RISUONANO NEI COMMENTI

Qualche tempo fa, una discente, mi avvicina durante una pausa e mi espone il suo punto di vista rispetto ai contenuti del mio intervento. Trattandosi di osservazioni di un certo interesse le propongo di riportarle in plenaria alla ripresa delle attività. Ma la sua risposta è negativa, non se la sente di esporsi davanti a tutti.

Durante un altro evento formativo, a inizio giornata parlando di cosa si aspettano dalla formazione, una persona interviene dicendo: “mi sento demotivato, con questo corso voglio dare una svolta alla mia vita!”. Mi preoccupo sempre un po’ per questo tipo di aspettative, se penso agli obiettivi raggiungibili, ad esempio, in 8 ore di aula.

E ancora a conclusione di un altro corso chiedo ai partecipanti come si sono sentiti e tra loro un piccolo gruppo afferma che all’inizio erano molto preoccupati, temevano di essere criticati se dicevano qualcosa di sbagliato, così preferivano tacere; solo dopo un po’, quando hanno capito che in realtà le loro paure erano fallaci, si sono rilassati e hanno iniziato a partecipare davvero.

ATTEGGIAMENTI E COMPORTAMENTI IMPREVEDIBILI?

Quale formatore non ha mai sentito accenni o allusioni sulla presenza in aula di microfoni e telecamere nascosti, soprattutto in quelle formazioni “obbligate dai piani alti”? Chi non ha mai trovato persone che, del tutto aprioristicamente, si oppongono e contestano il lavoro? Chi non ha mai conosciuto persone le cui domande e osservazioni più che a capire e ad approfondire sembrano finalizzate ad assumere una posizione di superiorità verso il resto del gruppo, o anche verso il formatore, per mostrare le proprie competenze?

Ma cosa avviene veramente in aula? Accade spesso che persone che si trovano nella vita di tutti i giorni a gestire situazioni complesse, nelle situazioni formative, perdano sicurezza e risperimentino emozioni riconducibili alla storia personale.

È curioso osservare come, nelle situazioni formative più lunghe, che possono durare qualche settimana o addirittura qualche mese, o più facilmente nelle situazioni di esperienze residenziali, si verifichino vere e proprie regressioni, che trasformano il contesto formativo in una sorta di campo estivo caratterizzato da lazzi, scherzi, giochi. Il fanciullino che c’è in noi, e che opera in modo intuitivo e irrazionale viene improvvisamente liberato. L’importante è comprendere la differenza tra le richieste guidate dal nostro desiderio più profondo e la messa in opera di comportamenti poco funzionali per l’apprendimento formativo.

 

EMOZIONI CHE BOLLONO IN PENTOLA

Durante la formazione, formatore e formando, si incontrano e incontrano le fantasie, le ansie, le resistenze, che non si riescono a spiegare attraverso un approccio intellettualistico, ma occorre partire dal presupposto secondo cui, ciò che accade nel nostro mondo adulto, pone le sue radici nell’infanzia, per cui le relazioni e le esperienze adulte e il modo di comportarsi nelle situazioni sociali significative, sono influenzati dal modo in cui sono state vissute e integrate le relazioni passate.

Attenzione però: non si tratta di un insieme di ricordi sepolti nella nostra mente, si tratta di emozioni e fantasie attive e potenti che continuamente interferiscono con le nostre scelte, il nostro modo di comportarci, i sentimenti e gli affetti che proviamo.

Per semplificare potremmo dire che l’immagine più adatta a rappresentare questo background della nostra mente non è un baule ricolmo e dimenticato in soffitta e che, a nostro piacimento, possiamo scegliere se riaprire. Siamo piuttosto in presenza di un bel pentolone in ebollizione, con un coperchio che a malapena riesce a coprire, quindi in una situazione di vasi comunicanti e strabordanti, per cui tra il passato e il presente, tra il profondo e il superficiale ci sono tali e tanti punti di intersezione, da riconoscere l’idea di una vera e propria continua contaminazione.

 

FORMAZIONE: UN’ATTIVITÀ NON EMOTIVAMENTE NEUTRA

E si sa, in certe situazioni, come ad esempio quelle formative, le emozioni e le fantasie possono riattivarsi più facilmente. La nostra mente stabilisce in qualche modo delle connessioni o ritrova delle somiglianze tra ciò che abbiamo vissuto e ciò di cui stiamo facendo esperienza durante l’apprendimento formativo. Sia chiaro che si tratta di similarità che, a volte possono essere effettive e realistiche, ma spesso sono delle correlazioni distorte e deformate dai modi di percepire che fanno si, per esempio, che una persona, solo perché assume un ruolo considerato superiore, venga vista come un giudice severo o un persecutore minaccioso.

Le situazioni di apprendimento sono tra quelle che più hanno questo potere di riattivare fantasie ed emozioni passate. Queste immagini non sono esclusiva della mente infantile, ma rimangono anche nella mente adulta in quella posizione interna, e al di fuori della nostra consapevolezza che, però, interagisce costantemente con i nostri pensieri e le nostre scelte coscienti.

Ci troviamo quindi in presenza di un mondo interno dominato dalle fantasie, intese però non tanto nell’accezione dei sogni ad occhi aperti, quanto piuttosto come attività, di espressione di vissuti, emozioni, impulsi e di conseguente rielaborazione e ridefinizione delle situazioni di vita. Queste immagini interne del mondo e del rapporto tra noi e gli altri vengono continuamente trasferite alle nuove situazioni, influenzando il modo in cui percepiamo, interpretiamo e ci comportiamo nelle situazioni stesse.  La formazione, che non è certo un’attività emotivamente neutra, ad un occhio attento e sensibile non sarà difficile rintracciare fantasie ed emozioni di questo genere. Ad esempio le aspettative miracolose che qualcuno nutre verso il docente, così come, all’opposto, il sentirsi minacciato o rimproverato, sembrano proprio l’esito di una “riedizione” di vissuti primari, al di là delle effettive caratteristiche della situazione.

Tutto ciò non è assolutamente insolito, provare emozioni, “fantasticare”, sentirsi in ansia nelle situazioni formative, perché queste componenti innanzitutto sono inevitabili e in secondo luogo sono la linfa vitale dell’apprendimento, che passa proprio attraverso l’elaborazione di questi aspetti.

Attenzione però all’atteggiamento di banalizzazione di questa dimensione emotiva o di sottovalutazione della stessa (a volte da parte dei formatori e a volte da parte dei partecipanti), oltre che essere largamente fuori luogo, preclude al formatore e al formando la possibilità di lavorare su queste componenti, per trasformarle in motore dell’apprendimento anziché renderlo possibile ostacolo.

Articolo a cura di Angelica Palma Sturiale

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