Il formatore OPPIForma: una realtà emergente

Un modello di comportamento è detto emergente se non rientra nella categoria di quelli che erano gli obiettivi del progettista del modello stesso
(Minati, 2001)
I formatori OPPIForma sono professionisti diversi che, nella relazione tra loro e con l’ambiente, hanno costruito una identità riconoscibile anche all’esterno. A partire dal 2013, quando la legge 4 era ancora un disegno legge, si sono riconosciuti come dei professionisti e hanno iniziato a riflettere per riconoscere le regole locali da cui emerge il loro comportamento globale e poterle condividere. Si parla di comportamento emergente o proprietà emergente quando un numero di entità semplici, agendo in un ambiente, danno origine a comportamenti più complessi in quanto collettività. Questa proprietà non può essere prevista e rappresenta un nuovo livello di evoluzione del sistema. I comportamenti complessi non sono proprietà dei singoli elementi e non possono essere facilmente riconosciuti o dedotti dal comportamento delle singole entità. Possono essere esempi di emergenza la forma e il comportamento di uno stormo di uccelli o di una mandria di cavalli, e questo evidenzia anche che i soggetti non sono soggetti qualsiasi, per quanto diversi; non si vedono infatti uccelli eterogenei volare insieme nello stesso stormo. Perché parlare di emergenza? Perché il Formatore OPPIForma è un fenomeno collettivo che si è sviluppato e continua a svilupparsi nel tempo, in contatto con l’ambiente, attraverso individui che studiano, eleborano pensiero, ricercano, agiscono la loro professione in gruppi in relazione tra loro. Se penso al processo che ha portato in OPPI il costruttivismo, la mente mi riporta a un intervento di Stefania Marangoni, all’interno di una attività di ricerca che vedeva coinvolta tutta l’associazione; è diventata un incontro e un dialogo con Humberto Maturana e ha portato a attività di ricerca azione, pratiche concrete nella formazione e nell’insegnamento, coinvolgendo così altri gruppi, fino ai consigli di classe di alcune scuole.
Ciò è veramente distante dall’”abbracciare” una teoria.
Abbiamo sperimentato, a partire da una ricerca azione svolta nel 20101 quanto possa essere interessante e generativo professionalmente il dialogo con l’esperto esterno che interviene in un percorso formativo e nel gruppo di coordinamento, utilizzando il modello di competenza. Per un aspetto si è trattato di sollecitare un cambiamento nella pratica dell’azione formativa di docenti ed esperti: passare da un approccio basato sui contenuti – “Cosa so, cosa debbo insegnare” -, ad uno basato sulle competenze – “Uscendo dal mio modulo formativo il corsista sarà in grado di ..” -. Ed occuparsi quindi in modo diverso della progettazione del modulo, prevedere da subito modalità di valutazione degli esiti e riorientare la didattica in modo sostanziale.
Per altro aspetto si è trattato di coinvolgere nel processo, nella misura del possibile, tutto il gruppo di formatori e esperti coinvolti nel corso. E da ultimo adottare funzionali strumenti di interazione tra staff del corso e della ricerca azione e i docenti e i docenti tra di loro: necessariamente ( i docenti intervengono nel corso provenendo da ogni parte del paese: Napoli, Alba, Verbania, Treviso, Milano, ecc.) si doveva introdurre l’utilizzo della piattaforma e la pratica dell’interazione a distanza.
Non è stato per me facile capire a fondo l’assunto di McLuhan “il mezzo è il messaggio”, ma da allora non riesco ad attribuire neutralità a nessuno strumento, che si tratti di armi, di “oggetti” informatici o di dispositivi concettuali.
Infatti abbiamo potuto vedere nella pratica come cambia il contratto formativo quando si passa da un corso che rilascia un titolo a un corso che attesta una competenza e come cambia l’équipe di coordinamento, perché sui contenuti è più facile trovarsi d’accordo, … diverso è confrontarsi sulle azioni professionali.
Tornando alla teoria, un esempio algoritmico di emergenza, che può spero aiutare a sviluppare questo concetto, è l’automa cellulare. L’automa cellulare è una griglia costituita da celle, come un foglio di carta quadrettata. La griglia può avere una qualunque dimensione finita; ogni porzione limitata di spazio deve contenere solo un numero finito di celle. Ciascuna di queste celle può assumere un insieme finito di stati; ad esempio, acceso/spento, un colore, una forma … . Inoltre bisogna definire l’insieme delle celle che sono da considerare “vicine” alla cella data: ad esempio, nel caso di un foglio a quadretti, si possono definire “vicine” due celle adiacenti, oppure due celle distanti al massimo due quadretti. Ad un certo tempo si assegna ad ogni cella un determinato stato. L’insieme di questi stati costituisce lo stato iniziale dell’automa cellulare. Dopo un tempo prefissato ogni cella cambierà stato contemporaneamente a tutte le altre, secondo una regola fissata (che varia a seconda dell’automa cellulare preso in considerazione). Il modo in cui cambia stato una cella dipende solamente dal proprio stato attuale e dagli stati delle celle “vicine”.
Gli automi cellulari possono essere utilizzati per descrivere forme che si trovano in natura: dalle strisce di una zebra, al manto maculato del ghepardo, alle striature delle dune del deserto, al guscio di alcune conchiglie marine, come quelle del genere Conus, la cui colorazione è generata da automi cellulari naturali.
Una serie di esempi “artificiali” si può trovare e sperimentare simulando sul sito dell’Università di Torino al seguente indirizzo:
http://www.dm.unito.it/personalpages/cerruti/Az1/GH.html
Ciò che mi ha sempre affascinato in questi modelli (e in generale nei sistemi dinamici) è che contraddicono l’idea di senso comune che il semplice origina il semplice e il complesso il complesso e che una regola deterministica produca risultati prevedibili.
Ciò grazie al peso dato alle relazioni, al contatto con l’ambente e all’evoluzione nel tempo.
da Gianfranco Minati Esseri collettivi, Apogeo 2001
II concetto di emergenza e l’”evoluzionismo emergente” furono introdotti inizialmente da C. L. Morgan nel 1923 e in quegli stessi anni il filosofo C. D. Broad parlò di proprietà emergenti che si presentano a certi livelli di complessità ma non a livelli inferiori. Per molto tempo la tematica dell’emergenza fu considerata di pertinenza principalmente del contesto della biologia. L’attributo “emergente” fu considerato sinonimo di “nuovo”, “imprevedibile”, per sottolineare il fatto che, all’interno dell’evoluzione biologica, spesso possiamo osservare l’apparire di alcune caratteristiche in modo discontinuo, imprevedibili sulla base di quelle precedentemente esistenti. Questa grossolana concezione di emergenza stava dietro la proposta, fatta da Von Bertalanffy (che era lui stesso un biologo), di una Teoria Generale dei Sistemi. La tematica dell’emergenza attrasse l’attenzione dei fisici dagli anni ’80, essenzialmente a causa dell’esplosione della ricerca nel campo del caos deterministico: un esempio è dato da un automa cellulare le cui regole evolutive siano completamente deterministiche ma per cui non vi è un algoritmo in grado di fornire deterministicamente l’evoluzione complessiva senza calcolare tutti gli stati discreti. Comportamenti deterministici caotici appaiono cioè come nuovi rispetto alle semplici regole computazionali che li generano (progettate per operare in modo tradizionalmente deterministico), e come “imprevedibili” per definizione. I comportamenti caotici apparvero buoni esempi di fenomeni emergenti nel senso illustrato precedentemente. Tuttavia si pose la necessità di una definizione più precisa di emergenza solamente quando vari ricercatori operanti nel campo della teoria del caos iniziarono a realizzare modelli di Vita Artificiale. All’interno di tale contesto fu coniato il termine “computazione emergente” per denotare l’apparire di nuovi e, facendo riferimento al loro livello di complessità, sempre crescenti capacità computazionali risultanti dalla cooperazione di un numero di elementi interagenti secondo semplici regole [Forrest 1990]. Un’importante conclusione risultante dai più recenti lavori e discussioni sul tema dell’emergenza consiste nel fatto che questa è da ritenersi legata in modo indissolubile all’esistenza di un osservatore. In altre parole si deve supporre l’esistenza di qualcuno che abbia costruito un modello di un dato sistema, dando ad esso una forma corrispondente alle proprie finalità, introducendo in esso regole e simmetrie tali da soddisfare i principi generali ritenuti validi e tali da far nascere comportamenti desiderati. Un modello di comportamento è dunque detto emergente se non rientra nella categoria di quelli che erano gli obiettivi del progettista del modello stesso.